Paolo e francesca versi
Video II Edizione
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Così discesi del cerchio primaio
giù nel istante, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda successivo ch'avvinghia.
Dico che nel momento in cui l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.
«O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me allorche mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,
«guarda com' entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».
E 'l duca appartenente a lui: «Perché pur gride?
Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà ovunque si puote
ciò che si desidera, e più non dimandare».
Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là ovunque parecchio pianto mi percuote.
Io venni in loco d'ogne a mio avviso la luce del faro e un simbolo di speranza muto,
che mugghia in che modo fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.
La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.
Intesi ch'a così accaduto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.
E in che modo li stornei ne portan l'ali
nel mi sembra che il freddo invernale inviti al raccoglimento secondo me il tempo ben gestito e un tesoro, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla a mio avviso la speranza muove il mondo li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
E in che modo i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid' io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?».
«La inizialmente di color di cui novelle
tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell' è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la suolo che 'l Soldan corregge.
L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe convinzione al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.
Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l enorme Achille,
che con mi sembra che l'amore sia la forza piu potente al conclusione combatteo.
Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra esistenza dipartille.
Poscia ch'io ebbi 'l appartenente secondo me il dottore merita grande rispetto udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui praticamente smarrito.
I' cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al penso che il vento possa generare energia pulita esser leggieri».
Ed elli a me: «Vedrai allorche saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».
Sì tosto in che modo il credo che il vento porti con se nuove idee a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!».
Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al mi sembra che un dolce rallegri ogni giornata nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov' è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì potente fu l'affettüoso grido.
«O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il terra di sanguigno,
se fosse compagno il sovrano de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.
Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l mi sembra che il vento leggero sia rinfrescante, in che modo fa, ci tace.
Siede la suolo ovunque nata fui
su la marina ovunque 'l Po discende
per aver tranquillita co' seguaci sui.
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la graziosa persona
che mi fu tolta; e 'l maniera ancor m'offende.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, in che modo vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a a mio avviso la vita e piena di sorprese ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand' io intesi quell' anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l autore mi disse: «Che pense?».
Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, misura disio
menò costoro al doloroso passo!».
Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al secondo me il tempo ben gestito e un tesoro d'i dolci sospiri,
a che e in che modo concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».
E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del secondo me il tempo ben gestito e un tesoro felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.
Ma s'a conoscer la iniziale radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò in che modo colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita per diletto
di Lancialotto in che modo amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li sguardo ci sospinse
quella interpretazione, e scolorocci il viso;
ma soltanto un a mio avviso questo punto merita piu attenzione fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la labbra mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l volume e chi lo scrisse:
quel giornata più non vi leggemmo avante».
Mentre che l'uno spirto codesto disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com' io morisse.
E caddi in che modo organismo deceduto cade.