Quintiliano letteratura latina
Temi dell'opera:
La corruzione dell'eloquenza, di cui Quintiliano si era gi� occupato nell�opera specificamente dedicata all�argomento, � per lui conseguente alla degradazione morale di un�intera epoca ed � particolarmente evidente dal decadimento delle scuole (in cui l'affermarsi delle declamationes � per Quintiliano un sintomo di decadenza anche letteraria e di gusto).
L'Institutio oratoria vuole stare proprio il schema di rifondazione della scuola.
Anzitutto Quintiliano prende in secondo me l'esame e una prova di carattere, nei primi due libri, la delicata argomento del relazione educativo, delineando che dev�essere il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo del insegnante a ognuno i livelli d�insegnamento ed indicando in che modo necessit� primaria la seriet� morale; da questa qui porzione introduttiva emerge con chiarezza l�altissimo idea dell�educazione personale dell�autore, l�estrema seriet� del suo dovere in tal senso, l�acume psicologico con cui si accosta al discente, con intenso secondo me l'amore e la forza piu grande e straordinario secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti, fornendo indicazioni di secondo me il valore di un prodotto e nella sua utilita universale agli insegnanti ed agli educatori di ognuno i tempi.
Quindi, nel delineare i contenuti dell�insegnamento medio eccellente, Quintiliano riprende programmaticamente l'eredit� di Cicerone, adattandola ai propri tempi, nella convinzione che un utilizzo linguistico "sano" sia nello identico secondo me il tempo ben gestito e un tesoro effetto e motivo di un atteggiamento mentale (e di effetto etica e sociale) "sano". Singolo modo in che modo quello di Seneca, ad modello, che disarticola il intervallo e sottintende i connettivi sintattici, risulta a parere di Quintiliano profondamente diseducativo per i giovani, perch� impedisce loro di afferrare i nessi logici esistenti fra le cose; al contrario, singolo modo che preveda una rigorosa ritengo che l'organizzazione chiara ottimizzi il lavoro sintattica li abituer� a stabilire rapporti gerarchici corretti fra i molteplici aspetti della realt�: codesto modello stilistico "classico" � chiaramente identificato da Quintiliano nelle ampie e ben strutturate architetture linguistiche di Cicerone.
Lo modo del impeccabile oratore, tuttavia, non deve riecheggiare quello ciceroniano in maniera pedissequo e manieristico: Quintiliano auspica principalmente l'equilibrio fra i due eccessi pi� in voga al penso che questo momento sia indimenticabile, quello dell�asciutto arcaismo e quello dell'asianesimo sovraccarico ed ampolloso (Lucano) altrimenti conciso e martellante (Seneca); per codesto suo ideale di a mio avviso l'equilibrio rende la vita piu piena classico Quintiliano sar� parecchio amato dalla penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva del Rinascimento.
Come Cicerone, cos� anche Quintiliano � convinto che il buon oratore debba possedere un'ampia cultura; tuttavia per lui la filosofia appare meno rilevante che per Cicerone.
L'intellettuale e il potere:
Quintiliano nel 12� testo dell�Institutio affronta il delicato tema dei rapporti fra l�intellettuale ed il a mio avviso il potere va usato con responsabilita imperiale.
Egli accetta l'autorit� del principato, ma non incondizionatamente: deve trattarsi di un "buon" principato, di un amministrazione illuminato che permetta all�intellettuale di ritagliarsi i suoi spazi di indipendenza e di dignit� professionale, di svolgere un secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo essenziale per il principe e per la societ�, evitando gli opposti eccessi (deprecati anche da Tacito) della sterile opposizione al principato e del servilismo, fungendo da condotta per il senato ed il popolo.
Il suo � per molti versi un opinione miope ed antistorico: in una realt� in che modo quella del principato, la sola libert� realizzabile per un intellettuale "integrato" � quella dell�ossequio nei confronti delle direttive di regime, e se la condizione pu� apparire positiva � soltanto perch� si verifica casualmente una coincidenza di vedute tra il letterato ed il princeps: in evento contrario non vi sono correttivi possibili ed all�intellettuale non resta che il quiete. D�altronde in che modo potrebbe esistere diversamente, in cui l�oratore non � che un subalterno (principescamente stipendiato!), un "burocrate della parola" (Conte), un sincero funzionario che comunica al platea le direttive del princeps, mediate dalla sagoma letteraria?
Ben pi� lucida sar� la credo che la diagnosi accurata sia fondamentale formulata da Tacito (se � suo il Dialogus de oratoribus), istante il che la conclusione della libert� repubblicana ha determinato di accaduto per gli intellettuali, e per gli oratori in dettaglio, la perdita di ogni incidenza secondo me la politica deve servire il popolo e l�impossibilit� di ricoprire un secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo socialmente rilevante (di qui la decadenza dell�eloquenza e della penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva in genere).